Primo disco per il quale gli U2 abbandonano il vecchio produttore Steve Lillywhite e si affidano alla coppia composta da Brian Eno e Daniel Lanois, che si riveleranno pedine fondamentali nell’inesorabile ascesa della band verso il vertice assoluto della piramide rock. Il sound, in realtà, rimane molto simile a quello di “War“; non fosse per dei piccoli particolari che, visti da più vicino, assumono un valore capitale. Il miglior equilibrio fra basso e batteria, l’enfasi ancor maggiore data alla chitarra e alla voce. Aspetti che esaltano un altro classico dei dublinesi, “Pride (In The Name Of Love)”: mai le linee di basso di Clayton erano state così incisive, mai i riff della sei corde di The Edge così lancinanti, vere e proprie grida che si vanno a sommare a quelle di Bono dietro il microfono. Gli altri brani, compreso il pur pregevolissimo “A Sort Of Homecoming”, rimangono in una sorta di limbo fra passato e futuro, ma sarà proprio “Pride” il modello al quale gli U2 si affideranno per compiere l’ultima, estrema metamorfosi.
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