Dopo le atmosfere noir di “Foreign Affairs” (1977), Tom Waits approda al capolavoro del suo primo periodo, quello ad alta densità jazz e blues, quello che guarda ai night club più sperduti e sgangherati come ultime ancore di salvezza. In “Blue Valentine” il crooning di Tom si è fatto ancor più roco e grottesco, perfetto per la parte. Accompagnato da una band che fa faville, l’artista di Pomona elargisce alcune delle sue canzoni più intense e commoventi, a partire dalla rilettura alticcia di “Somewhere”, tratta dal musical “West Side Story” di Leonard Bernstein. Si passa dal lirismo della title – track e “Kentucky Avenue” alle atmosfere burrascose di “Whistlin’ Past The Graveyard” e “Wrong Side Of The Road”, ma il capolavoro dell’album è probabilmente “Christmas Card From A Hooker In Minneapolis”, essenziale nel suo accompagnamento di soli piano/piano elettrico e dal testo drammaticamente ironico. Già con il successivo “Heartattack And Vine” (1980), ottimo peraltro, Waits mostrerà alcuni cambiamenti che lo porteranno al cambio d’etichetta e alla creazione di una musica d’avanguardia unica e inimitabile.
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