“Ravedeath, 1972” è la sesta opera del musicista canadese Tim Hecker, tra i migliori sperimentatori elettronici attualmente in circolazione. L’idea di fondo è straordinaria nella sua semplicità: tutto nasce da registrazioni d’improvvisazioni organistiche effettuate in una chiesa di Reykjavík, durante l’interminabile luminosità di una giornata dell’estate islandese. Queste verranno poi processate, modificate, alterate e integrate in studio. Tutto qui. Quello che ne scaturisce, però, è un lavoro di nobiltà quasi poetica, in cui cascate di ambient dronata interagiscono con asperità noise e rotondità sinfoniche. Un capitolo importante per la carriera di Hecker, fra i suoi più riusciti.
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