Il rumore del vento introduce subito uno dei grandi classici dei Pink Floyd, la quasi interamente strumentale “One Of These Days”, caratterizzata dall’aggressività della chitarra di Gilmour (ribadita dalla voce distorta di Mason che minaccia “Uno di questi giorni ti farò a pezzi”) e da un incedere marziale dettato da basso e batteria. Il resto del disco, eliminata l’orchestra che aveva informato il sound di “Atom Earth Mother”, si snoda fra ballad trasognate (“A Pillow Of Winds”) e blues archetipici (la divertente “Seamus”), concludendosi con una suite lunga un’intera facciata, “Echoes”, sorta di riorganizzazione dei loro vecchi slanci visionari entro un flusso sonoro più levigato e potabile per il grande pubblico, dalle evidenti derive pop. I Pink Floyd non rinunciano al loro stile misterioso, magniloquente e spiraliforme, ma lo vogliono incanalare nel formato canzone. Da “Meddle” a “The Dark Side Of The Moon” il passo sarà breve.
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