Nine Inch Nails – The Fragile

Ben cinque anni trascorrono dalla pubblicazione di “The Downward Spiral” a quella di “The Fragile“. Nel mezzo, il disco di remix “Further Down The Spiral” (1995) e null’altro. Tanta attesa è però ripagata con un altro capolavoro di Trent Reznor. Doppio cd della durata complessiva di oltre un’ora e quaranta minuti, “The Fragile” rappresenta il nervo scoperto dell’artista. Che getta ogni maschera, elimina i filtri di alias e personaggi creati ad hoc (vedi Mr. Self Destruct) e si presenta nudo e crudo, in testi quasi commoventi nel loro essere in tutto e per tutto sinceri e ‘provati’ sulla propria pelle. Impossibile cancellare dalla memoria l’urlo lacerante che conclude lo spaventoso crescendo (ottenuto con la stratificazione strumentale progressiva) di “Somewhat Damaged”: “Where the fuck were you?”. Brano che, fra l’altro, scivola dolcemente nell’amaro cullarsi del dopo apocalisse di “The Day The World Went Away”, tragicamente lirico. Appena due tracce e Trent ha già vinto. Inutile, oltreché impossibile, elaborare roboanti didascalie per le rimanenti composizioni, tutte illuminate dal genio visionario (termini per una volta non usati a sproposito) di uno dei più grandi musicisti moderni. C’è chi ha scomodato John Cage e Claude Debussy nel tentativo di spiegare certi passaggi presenti nell’opera, e l’ha fatto a ragione. “The Fragile” è la migliore conclusione per l’ultima decade del Millennio, uno degli ascolti più intensi e profetici dei nostri giorni.

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