L’ultimo album realizzato insieme alla Experience può già esser considerato la summa della musica di Hendrix. “Electric Ladyland” è la sua Cappella Sistina, un doppio vinile in cui il grande chitarrista ha riversato tutte le ambizioni artistiche che covava in quel periodo, estendendo la propria visione al futuro e al progetto di una grande band di musica ‘nera’ che suonasse qualcosa di assolutamente unico e innovativo, risultato di una commistione fra blues, rock, jazz, psichedelia, hard, soul e chissà che altro. Com’è noto, Jimi non ebbe il tempo di realizzare tale sogno. Rimane però l’hard blues psichedelico di questo capolavoro, quattro facciate in cui il musicista dilata i suoi brani in fantasmagoriche suite di 15 minuti (“Voodoo Chile”, con l’organo di Steve Winwood), propone una personale rilettura di “All Along The Watchtower” di Dylan da mozzare il respiro, colpisce duro nei due minuti e mezzo di “Crosstown Traffic”, dialoga con la sua fender in “Rainy Day, Dream Away” e sperimenta ogni tecnica di registrazione possibile all’epoca nei 13 minuti di “1983”. “Electric Ladyland” è l’ultimo album in studio uscito quando Hendrix era ancora in vita, e il frutto estremo di una creatività esondante che ha scosso le fondamenta del rock con una violenza pari al decimo grado della scala Richter.
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