Si tratta del lavoro più riuscito e idiomatico della band americana, in cui l’unione delle forze di Phil Anselmo, Pepper Keenan, Kirk Windstein, Rex Brown e Jimmy Bower forgia un portentoso southern metal grasso e sudato, miracoloso ibrido di hard rock settantiano, doom, stoner, sludge, riff rubati ai Black Sabbath e attitudine sudista. Certo, “Nola” (1995) era stato un ottimo biglietto da visita, ma “Down II” lo supera in quanto a coesione del suono e livello medio delle canzoni. Fra cui sono da citare assolutamente “Lysergik Funeral Procession”, “There’s Something On My Side”, “Stained Glass Cross” (la più fascinosamente retrò del lotto), “Ghosts Along The Mississippi”, “Learn From My Mistake” (gigantesco esempio di blues inasprito dal metal), “New Orleans Is A Dying Whore” e la spettrale “Landing On The Mountains Of Megiddo”, incrocio blues/folk/etnico dal persistente retrogusto Zeppelin-iano. Quel che importa è la relativa freschezza dello stile che, seppur basato su generi con parecchi anni di vita alle spalle, risulta convincente e neppur troppo derivativo. Ben oltre la somma matematica di Pantera, Corrosion Of Conformity, Crowbar e Eyehategod. I Down sono ormai un gruppo autonomo, una certezza per il metal del Duemila.
Categorie
- Anniversari (74)
- Classifiche (61)
- Migliori Album (2.316)
- Storia della Musica (60)
- Underrated (11)