Captain Beefheart – Trout Mask Replica

Il capolavoro di Captain Beefheart, e uno dei massimi capolavori del Novecento, si materializza sotto forma di doppio vinile per la produzione di Frank Zappa. “Trout Mask Replica” è la miglior dimostrazione di quanto le parole siano inadeguate quando hanno la pretesa di descrivere la musica. Per dirla sempre con Frank, “parlare di musica è come ballare di architettura“. Così, nel caso di questi 28 brani di enorme preveggenza visionaria, non se ne riescono a trovare di adatte. Anche perché, a più di quarant’anni dalla sua uscita, non è ancora possibile incasellare questo disco in nessun genere, cosa che probabilmente nessuno sarà mai in grado di fare. Non è certo rock, ma neppure più blues, né jazz o classica sperimentale o altro. È altro e basta, probabilmente. Van Vliet getta nel caos strisciante gli ultimi relitti blues rock, arrochisce ancor di più la voce e violenta alcuni strumenti a fiato, fra cui clarinetto basso, sassofono tenore e soprano. Gli schizzi musicali vengono intitolati in modo grottesco (“Pachuco Cadaver”, “Ant Man Bee”), il ritmo è dato dagli strumenti solisti, chitarra compresa, mentre basso e batteria sembra divaghino per conto proprio, jam di quello che pare free jazz assumono contorni deformi, la norma è disintegrata a favore dell’eccezione. Beefheart vaga in un flusso sussultorio di poliritmi, dissonanze rabbiose e polvere che spira ventosa da un capo all’altro, spronando i suoi compagni a suonare “veloci e bulbosi”. Il quasi – blues straziato di “Moonlight In Vermont” è l’unico frammento dotato di forma in mezzo a tutto questo marasma di armonia stuprata, melodia atomizzata e tempi singhiozzanti. Non si riesce a intuire neppure quanto di questo primitivismo sia spontaneo e quanto frutto di una geniale ricerca atta a demolire l’intera musica occidentale, avanguardie ‘colte’ comprese. La realtà è che il merito maggiore dell’opera è risultare gradevolissima all’ascolto, persino orecchiabile, nonostante le premesse sulfuree. Una reale liberazione per l’anima. Spesso accostato al dadaismo, in realtà rispetto a Van Vliet il movimento zurighese era quasi accademico e molto meno eversivo. “Trout Mask Replica” sarà un’influenza decisiva per il punk, la new wave e in generale per tutte le espressioni sonore realmente creative, ma nessuno riuscirà ad avvicinarlo.

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