Prima di sciogliersi, i Blur hanno il tempo di preparare un inatteso colpo di coda. “Think Tank” si rivela disco anti cliché sin nel profondo della sua fibra, andando ben oltre il britpop e contaminando il rock chitarristico con elementi esogeni, che parlano linguaggi fra i più disparati. Non c’è solo l’elettronica a imbastardire il suono, si riscontrano pure numerose tracce di musica etnica, tocchi jazz, basi hip hop. Piace soprattutto il modo in cui stili così eterogenei vengono dosati in un mix azzeccato, in modo che nessuno di essi eclissi l’altro o s’introduca inopportunamente nelle varie composizioni. Un album fresco e capace di offrire qualcosa di nuovo nel panorama del pop inglese. La critica lo tratta bene, e tutto sommato anche il pubblico. Certo per Damon Albarn e soci sono passati i tempi d’oro degli anni Novanta, tuttavia “Think Tank” raggiunge il primo posto in UK e si farà valere anche nel resto d’Europa. Un ottimo commiato per i Blur, che chiudono così la loro prima parte d’esistenza.
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