Tra oggi 24 novembre e sabato assisteremo a diverse iniziative atte a ricordare la figura dell’immenso Freddie Mercury, di cui ricorre l’anniversario ventennale dalla sua scomparsa, anche se bisogna fare attenzione ai luoghi di provenienza di tali tributi. Figura imprescindibile per chiunque si consideri un amante della musica di qualità, il frontman dei Queen è stato considerato per tutto l’arco della sua carriera un intrattenitore per il popolo, nel senso più dispregiativo del termine, per la massa incapace di capire di musica, ma legata alle hit da classifica.
Per molti versi, a vent’anni dalla morte, la situazione non è cambiata: colleghi e fan continuano a riconoscere il peso che la band ha avuto e continua ad avere sulla cultura popolare mondiale, ma la critica (che oggi salirà sul carro delle celebrazioni) non ha mai smesso di considerare i Queen come un corpo estraneo nella storia della musica. Difficile leggerne il nome nelle classifiche stilate dalla riviste più prestigiose del mondo, come altrettanto arduo è reperire quello di qualche componente della band in quelle di settore. Brian May, uno degli ultimi innovatori dello strumento, non compare mai nemmeno nella top 50 delle suddette classificazioni.
Perché allora non parlare dei Queen come si fa degli Stones, degli Who o dei Led Zeppelin per esempio? Spesso chi dichiara di ascoltare i Queen viene trattato come superficiale o grossolano da un certo tipo di fruitore (e critico) musicale, senza pensare che personaggi fondamentali per il mondo “alternativo” come Kurt Cobain abbiano passato anni ad ascoltare album come “Queen II” o “News Of The World”. Gli articoli sulla band parlano sempre di “Radio Ga Ga”, “Bohemian Rhapsody”, di Wembley o degli scandali sessuali intorno alla figura di Freddie, ma mai della caratura di un gruppo in grado di diventare il più collezionato della storia e di portare tutti i suoi membri a comporre brani da primo posto in classifica (John, Paul, George e Ringo non ci riuscirono…).
Succederà oggi, magari domani, poi tutto tornerà come prima. Viene da pensare che la figura di Farrokh Bulsara resti ancora ammantata da quell’alone di stupidità ed ignoranza che lo accompagnò tutta la vita (privata e non) e che verrà sempre giudicato per i propri gusti sessuali e non per la splendida persona e l’artista inarrivabile che era. A meno che non ci sia un anniversario da sfruttare.
Luca Garrò